giovedì 24 febbraio 2011
Alla fine cosa poteva pretendere lei? Una vita nuova? un ragazzo? una nuova macchina? un cane o un gatto?
Sciocchezze, quelle erano cose che più o meno si potevano avere, lei aveva bisogno di qualcosa che forse era impossibile ma voleva provarci, magari ci sarebbe riuscita.
Sapete cosa? lei voleva una 40, neanche la 42.
Forse guardava troppo 'il diavolo veste prada' con lio stilista che spiegava che la nuova 38 era la 40 mentre la 40 era la nuova 42, forse erano le voci maligne delle 'amiche' che dicevano che con quel culone nn avrebbe trovato nessun ragazzo.
Incominciò per sbaglio, un giorno che non aveva fame, decise di dire che mangiava dall'amica, aspettò il pullman delle 15:10 e tentò di disegnar qualcosa, dopotutto anche se era al linguistico quella era la sua passione più grande.
Tornò a casa, si chiuse in camera e si sdraiò sul letto, incominciò ad avere fame, lo stomaco borbottava ma lei doveva essere forte come non lo era mai stata.
E come nn lo era mai stata negli anni precendenti non lo fu neanche quel giorno.
Come un'ossessa cercò qualcosa nelle mensole, nei mobili, ovunque anche se non trovò nulla. Prese la bicicletta di suo padre e corse al primo supermercato, lì trovò le sue merendine preferite.
Tentò di cadere due volte per mangiarsele strada facendo, le persone nelle macchine ridevano di lei e di quanto era ingorda, a lei poco importava, la fame era l'unica cosa che annidava nella sua mente.
Nel bagno rinchiusa, ora.
La matita ormai andata a puttane sulle sue guance cadaverica, il mascara che aveva preso l'esempio della matita e i capelli spettinati, piangeva per affogare il dolore che poco fa erano stati quegli strati di cioccolata ad oscurarlo.
Pensò ad un modo per rimediare, si ricordò che una volta, in un film, vide una ragazza che con due dita in gola riusciva a vomitare tutto quello che aveva ingorgitato.
Provò anche lei anche se aveva poco coraggio, aveva paura di ficcarsi le dita in gola, aveva l'ossessione di rimanere soffocata anche se era un pensiero ridicolo e stupido, ma lei lo aveva.
Dopo svariate prove senza successo ci riuscì, sembrava che vomitando scacciasse via insieme a quel liquido acido un pò tutto, sembrava che vomitasse anche gli sguardi mai ricambiato del tipo che non l'aveva mai notata, sembrava vomitare anche tutte le litigate con la mamma, tutte le incomprensioni con le amiche, tutti i problemi, tutti i no senza un senso.
Era una salvezza, un passo per la luce, forse.Per lei.
Lei però non sapeva che quello era un passo verso il buio in se stessa, in tutti quei pomeriggi.
Incominciò a non mangiare, un giorno assunse anche dei lassativi e abusava di xanax. Passava pomeriggi interi nel bagno per eliminare tutto l'eniminabbile nel suo corpo, dimagrì in poco tempo e arrivò anche alla 42, ma preferì la 38.
38 che si trasformò man mano in una 36, una 36 che mostrava al mondo tutte le sue costole, la sua gabbia toracica, sembrava denudarla, pensava che le piaceva così, denudata da tutti quei grassi che riempivano il proprio corpo, corpo che ora era esile e pieno solo di nulla.
Intere giornate senza che le sue labbra toccassero qualcosa di commestibbile, intere giornate di buio.
E poi? una settimana senza, taglie che diminuivano, genitori che si avvelivano.
Un giorno, nella sua quotidiana distruzione incominciò a girarle la testa, i colori diminuirono in un grigio per passare al nero.
Buio.
E poi l'ospedale, la madre in lacrime, la barella che emanava cigolii strani, dottori con visi perplessi, lavaggio, corse e un volto maschile in preda alla disperazione, quella del padre.
Due ore in sala operatoria e ancora buio.
Buio eterno, forse.
Buio eterno, sicuro.
Buio eterno con disperazione.
E lei che cercava la perfezione ha trovato la morte, e lei che cercava una nuova vita non ne ha avuta nessuna.
In fondo lei cercava solo una 42.
In fondo lei non sapeva che la 42 era un sinonimo di fine
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